PRO E CONTRO DELLE VERTICAL FARMS

Ormai ovunque si sente parlare di vertical farming.

Ma, in definitiva, di cosa si tratta?

Questa tecnica, facente parte della cosiddetta “agricoltura protetta” (che include anche la semplice coltivazione in serra), consiste in una serie di pratiche colturali che permettono di coltivare specie vegetali su più livelli sovrapposti: l’obiettivo è massimizzare il numero di piante che possono essere coltivate in un dato volume.
Il concetto, nato negli anni Settanta del secolo scorso, è stato reso popolare da Toyoki Kozai, presidente dell’Accademia Agricola del Giappone, e da Dickson Despommier, professore emerito di microbiologia e salute pubblica alla Columbia University.

Le vertical farms sono perlopiù situate in prossimità di centri urbani ad alta densità demografica e si basano su idroponica o aeroponica, metodi estremamente efficienti per la coltivazione di piante senza l’uso di terra.

L’idroponica è una tecnica di coltivazione in serra, fuori suolo, che presenta diversi vantaggi; ne esistono numerose tipologie, che usano strutture ed elementi differenti.

In linea di massima, all’inizio le piante vengono avviate all’interno di substrati inerti (come fibra di cocco, perlite, argilla espansa o altri materiali), per poi passare all’interno dei sistemi idroponici, che prevedono l’erogazione di acqua arricchita di sostanze nutritive in un ambiente che mantiene costantemente la corretta illuminazione (grazie alla presenza di lampade ad hoc), temperatura, umidità e ventilazione.

L’aeroponica, fondamentalmente un’evoluzione dell’idroponica, utilizza anche i benefici dell’aria per ottenere il massimo dalle potenzialità delle piante in termini di resa e velocità. I vegetali sono fertilizzati grazie alla nebulizzazione di una soluzione nutritiva, a base di acqua e sostanze utili alla crescita, che viene erogata alle radici con un apposito spruzzino. Le piante crescono sospese con le radici all’aria all’interno di una grow room (camera di coltivazione), dove restano fino al momento della raccolta. Anche in questo caso, è fondamentale il controllo costante di temperatura, umidità e illuminazione.

Differenze a parte, queste metodologie sono altamente efficienti, compatte e consentono di ottenere in spazi e tempi ridotti maggiori produzioni orticole, controllate dal punto di vista igienico-sanitario, con un notevole risparmio di risorse preziose, come acqua e suolo; altro elemento essenziale è l’indennità dagli agenti atmosferici e dalle infestanti, che sono la causa principale dei mancati raccolti e dei cali di resa. (GUARDA QUESTO VIDEO)

Con queste tecniche si possono coltivare pressoché tutte le verdure, ma anche fiori, erbe aromatiche e officinali; dalla semplice insalata al pregiatissimo zafferano, in assenza di suolo tutte le produzioni sono nichel free e, quindi, adatte alle persone affette da questa allergia.

C’è qualche “ma”, purtroppo.

Per la crescita delle piante, entrambe le tecniche prevedono una continua fertilizzazione con prodotti di sintesi, indispensabili per garantire la normale nutrizione minerale.

Naturalmente, ciò incide sui costi di produzione (con conseguente maggiorazione sui prezzi di vendita), non meno che sulle proprietà organolettiche dei vegetali.

Si riscontrano anche altre conseguenze negative secondarie: per esempio, l’acqua utilizzata per il lavaggio dei prodotti agricoli destinati al confezionamento diventa un rifiuto da smaltire come scarto, in quanto contaminata dai prodotti chimici.

Oggi, la tecnologia è riuscita a mettere a punto soluzioni altamente efficienti, come le clean rooms, che consentono di non lavare i prodotti coltivati nelle vertical farm, riducendo ulteriormente il consumo idrico e allungando sensibilmente la shelf-life dei prodotti. Tuttavia, questo genere di automazione richiede investimenti elevati e consumi energetici considerevoli.

Basti pensare che il consumo energetico medio di una vertical farm si aggira intorno ai 38 kWh per kg di prodotto, contro i circa 5 kWh/kg di prodotto delle coltivazioni in serra tradizionali.

Inoltre, in un momento di crisi globale come quello che stiamo attraversando, è verosimile che i consumatori preferiscano acquistare prodotti più economici, al posto delle erbe costose coltivate dai più. Però, la scelta di specializzarsi in primizie, baby leaf e prodotti di nicchia è necessaria per tentare di raggiungere l’autosufficienza economica, a causa degli elevati investimenti iniziali e dei considerevoli costi operativi.

 

PRO

• risparmio di suolo e acqua
• indennità dalle avversità climatiche
• soluzione per problemi legati a cambiamento climatico e sovrappopolamento
• produzioni maggiori, più rapide e destagionalizzate

CONTRO

• alti costi operativi
• raggiungimento sostenibilità economica critico
• investimento elevato
• alti consumi energetici

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