ALLEVAMENTO ITTICO TRA SOSTENIBILITÀ, ETICA E CRITICITA’

OPPORTUNITA’ E DIFFICOLTA’

L’acquacoltura è un’arte antichissima, che risale ai Greci: essa consiste nell’allevamento continuativo e controllato di organismi acquatici, a scopo ornamentale o alimentare.

Può essere realizzata in mare, nei fiumi, nei laghi, ma anche negli stagni, nelle lagune e nei bacini artificiali; è praticata ovunque nel mondo ed è finalizzata alla produzione di pesci (piscicoltura), crostacei (crostaceicoltura), alghe (alghicoltura) e molluschi (mollischicoltura).

Negli ultimi anni, sta aumentando molto l’interesse per l’alghicoltura; la maggioranza delle alghe coltivate rientra nella categoria delle microalghe, le cui applicazioni spaziano dal campo alimentare, nutraceutico, cosmetico e farmaceutico, fino all’uso mangimistico e industriale. 
Nel 2021, le dimensioni del mercato hanno quasi sfiorato il miliardo di dollari e la previsione di crescita media annuale fino al 2026 è addirittura del 5,2%.
In Italia, la domanda di microalghe essiccate, soprattutto a scopo alimentare, si attesta intorno alle 200 tonnellate all’anno, di cui meno del 13% può essere soddisfatta dalla produzione nazionale.

Delle varietà coltivate (tra cui wakame, lattuga di mare, alga nori, salicornia, agar agar, etc.) le due specie algali più importanti sono spirulina e chlorella, particolarmente ricche di nutrienti e proprietà benefiche per la salute.

Attualmente, i principali prodotti di allevamento in acqua dolce sono: carpe, trote, salmoni e gamberi di fiume.

Tra pesci di cattura e pesci d’allevamento, dal punto di vista nutrizionale non vi sono particolari differenze; generalmente, però, il pesce d’allevamento è associato a maggior igiene e genuinità, ma la polpa può risultare meno carnosa rispetto al pescato, dato che negli impianti a terra non vi è alcun moto ondoso.

Il pesce selvatico, tuttavia, è potenzialmente più esposto a scorie chimiche e metalli pesanti. I pesci più sensibili all’inquinamento sono quelli in grado di filtrare grosse quantità d’acqua e trattenere, di conseguenza, microrganismi patogeni: specie di grande taglia, come tonno, sgombro, pesce spada, etc. sono sensibili ai metalli tossici (mercurio, rame, piombo e cadmio), mentre naselli, trote, salmoni e merluzzi tendono ad accumularne meno.
In generale, il pesce pescato nell’oceano Atlantico è meno inquinato di quello proveniente dal mar Mediterraneo.

Il principale produttore mondiale di organismi acquatici di allevamento è la Cina, con oltre i due terzi del totale; nell’Unione Europea spiccano Spagna, Francia e Italia.

Circa metà della produzione italiana complessiva di pesce allevato

è costituita dalla trota iridea.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2022 l’Anno Internazionale della Pesca e dell’Acquacoltura.

L’allevamento è un’importante opportunità per fornire risorse alimentari alla popolazione mondiale, considerando la costante riduzione di stock ittici naturali; inoltre, offre concreti vantaggi legati a rintracciabilità e sicurezza alimentare, soprattutto per quanto riguarda il rischio di bioaccumulo dei contaminanti ambientali, come metalli pesanti e diossine.

Tra i sistemi di acquacoltura attualmente più usati ci sono quelli a ricircolo (RAS): l’impianto non è posto direttamente in acqua, ma a terra, ed è dotato di un sistema di filtrazione che permette il riutilizzo delle risorse idriche; la natura altamente sostenibile di questo meccanismo riduce il fabbisogno di acqua e lo spazio necessario per l’allevamento.

Anche l’acquacoltura presenta qualche “ma”.

L’acquacoltura intensiva prevede densità molto elevate e un’alimentazione tutt’altro che sostenibile, basata su esemplari di specie meno pregiate, a cui vengono spesso aggiunti promotori di crescita e/o farmaci; questa tecnica è responsabile anche di perdita di biodiversità per la tendenza ad allevare poche specie geneticamente predisposte (e poi selezionate) a rispondere in modo soddisfacente alle esigenze commerciali.

GUARDA QUESTO VIDEO CHE PARLA DEI PROBLEMI DELL’ALLEVAMENTO INTENSIVO.

Un altro svantaggio significativo legato all’allevamento ittico è l’eutrofizzazione; questo fenomeno porta a un’eccessiva formazione di alghe e microalghe, che determina una maggiore attività batterica, la quale consuma tutto l’ossigeno disciolto in acqua e alla lunga provoca una moria della fauna ittica. Questo processo è causato dall’inquinamento derivante da deiezioni e scarti, che devono essere processati ed eliminati attraverso specifiche procedure.

Nelle gabbie utilizzate in mare aperto si deve tenere sempre in considerazione la direzione delle correnti per evitare accumuli degli scarti; in ogni caso, è necessario spostare periodicamente gli allevamenti. In questo modo i piscicoltori, quindi, riescono a proteggere il proprio business, ma i danni all’ecosistema marino rimangono.

Negli impianti a terra, per mantenere un habitat stabile e salubre può essere necessario un ricambio idrico frequente, in modo da eliminare le grandi quantità di ammoniaca derivanti dalle deiezioni dei pesci, oppure si devono utilizzare dei biofiltri in grado di attivare il ciclo dell’azoto, ma che comportano un peggioramento delle qualità organolettiche degli esemplari; sono previsti anche impianti di depurazione piuttosto costosi, ma il trattamento dei fanghi residui rimane un grande ostacolo da affrontare per rendere il settore più efficiente.

Una criticità comune a tutte le forme di allevamento ittico è l’uso (se non addirittura l’abuso) di medicinali, usati sistematicamente per mantenere una condizione di salute decente; i residui di antibiotici nei pesci passano a chi li consuma, contribuendo al grave problema della resistenza antimicrobica.

Molti aspetti negativi, quindi, sono strettamente collegati alla densità di allevamento, dalla quale dipendono anche benessere o sofferenza dei pesci; in alcuni impianti a terra si è arrivato ad allevare fino a 200.000 esemplari in una sola vasca.

Un’altra problematica diffusa è rappresentata dal mangime: esso è formato principalmente da farina e olio di pesce di specie di scarso interesse commerciale, proveniente da pesca intensiva di stock ittici selvatici.

A seconda delle specie allevate e del tipo di allevamento, per di più, l’acquacoltura può essere uno dei sistemi di produzione alimentare a più alta intensità energetica. Poiché questo settore è relativamente giovane, i produttori dovrebbero cercare di ridurre al minimo le emissioni di gas serra fin dall’inizio, installando sistemi energetici ibridi che combinino generatori diesel e benzina tradizionali con pannelli fotovoltaici e solari termici o turbine eoliche, invece di affidarsi esclusivamente a fonti non rinnovabili.

PRO

• soluzione efficiente per contrastare la crisi alimentare globale
• proteine nobili
• prodotti tracciabili e sicuri per la salute

CONTRO

• eutrofizzazione
• pesci contaminati da uso di medicinali
• possibile peggioramento delle qualità organolettiche (sentori di fango o acqua stagnante)
• elevati consumi energetici se i sistemi non sono integrati con energie green

GUARDA I NOSTRI CANALI SOCIAL PER CONOSCERE IL NOSTRO GRUPPO

pulsante link YouTube Aqua Farm società benefit<br />
https://www.youtube.com/channel/UCeimdjaEaVgqErug3RTCeDw
pulsante Linkedin Aqua Farm società benefit<br />
https://www.linkedin.com/company/86328085/
pulsante Instagram Aqua Farm società benefit<br />
https://www.instagram.com/aquafarmsocietabenefit/